Skip to main content
Frasi BellePoesie

20 poesie sulla scuola e gli insegnanti

Poesie sulla scuola - Aforisticamente

Annunci

Presento una raccolta di 20 poesie sulla scuola e gli insegnanti. Tra i temi correlati si veda Frasi, citazioni e aforismi sulla scuola, Frasi, citazioni e aforismi sugli insegnanti e l’insegnare e Frasi, citazioni e aforismi sul primo giorno di scuola.

**

20 poesie sulla scuola e gli insegnanti

Fabrizio Caramagna, La vista di una scuola

La vista di una scuola elementare mi riempie di gioia
e di slancio verso il futuro.
E’ come guardare un campo di grano.
E il grano è ancora erba, e poi diventerà spiga,
e poi farina, e poi pane.

**

Carlo Norac, La cartella sognatrice

Mentre eri sulla spiaggia
questa estate,
o forse nel bosco,
hai mai provato a immaginare
che cosa sognava la tua cartella?
Sognava di ingoiare
delle matite, dei quaderni,
poi di andare, come se volasse,
sul sentiero della scuola.

**

Gianni Rodari, La scuola dei grandi

Anche i grandi a scuola vanno
tutti i giorni di tutto l’anno.
Una scuola senza banchi,
senza grembiuli né fiocchi bianchi.
E che problemi, quei poveretti,
a risolvere sono costretti:
“In questo stipendio fateci stare
vitto, alloggio e un po’ di mare”.
La lezione è un vero guaio:
“Studiare il conto del calzolaio”.
Che mal di testa il compito in classe:
“C’è l’esattore delle tasse”!

**

Gianni Rodari, Il primo giorno di scuola

Suona la campanella;
scopa, scopa la bidella;
viene il bidello ad aprire il portone;
viene il maestro dalla stazione;
viene la mamma, o scolaretto,
a tirarti giù dal letto…

Viene il sole nella stanza:
su, è finita la vacanza.
Metti la penna nell’astuccio,
l’assorbente nel quadernuccio,
fa la punta alla matita
e corri a scrivere la tua vita.

Scrivi bene, senza fretta
ogni giorno una paginetta.
Scrivi parole diritte e chiare:
Amore, lottare, lavorare.

**

Maria Luisa Spaziani, Papà, radice e luce

Papà, radice e luce, portami ancora per mano
nell’ottobre dorato del primo giorno di scuola.
Le rondini partivano, strillavano:
fra cinquant’anni ci ricorderai.

**

Roberto Piumini, Vado a scuola

Vado a scuola, vedo amici,
gioco, parlo, imparo, rido,
più si è, più si è felici:
degli amici io mi fido.
La maestra ha bei capelli,
è un’amica un po’ più grande:
lei ci insegna ritornelli,
lei risponde alle domande.
Vado a scuola, vedo cose,
le disegno con colori,
sento storie misteriose,
e alla fine torno fuori.

**

Erri De Luca, Polvere

Ricorda che sei polvere: d’accordo.
Se però posso scegliere di cosa:
non dell’oro, non della conchiglia,
ma polvere di gesso
di una parola appena cancellata
dalla superficie di lavagna.
E intorno un’aula di scolari applaude
la fine della scuola.

**

Lina Schwarz, A scuola

Or la bambina è grandicella,
le han comprato la cartella
e comincia a far la spola:
scuola e casa, casa e scuola.
Senza andar troppo lontano,
va imparando piano, piano,
con la buona volontà,
mille cose che non sa!

**

Philippe Jaccottet, O primi giorni di primavera

O primi giorni di primavera
nel cortile di scuola giocando
tra due classi di vento!

**

Fabrizio Caramagna, Sacro

Le scuole sono il luogo più sacro.
Lì c’è tutto il cuore,
lì ci sono tutti i germogli,
lì c’è tutto il futuro,
lì ci sono tutti i figli.

Sandro Penna, Scuola

Negli azzurri mattini
le file svelte e nere
dei collegiali. Chini
sui libri poi. Bandiere
di nostalgia campestre
gli alberi alle finestre.

**

Gianni Rodari, Il turno

Il mattino fa ogni giorno
il giro del mondo
a destare le nazioni,
gli uccelli, i boschi, i mari,
i maestri e gli scolari.

Da Oriente a Occidente
il sole apre le scuole,
i gessetti cantano
sulle lavagne nere le parole
più bianche di tutte le lingue.

Si fa un po’ per uno a studiare:
quando a Pechino
i ragazzi vanno a giocare
entrano in classe quelli di Berlino,
e quando vanno a letto ad Alma Atà
suona la sveglia a Lima e a Bogotà.
Si fa il turno: così non va perduto
nemmeno un minuto.

**

Charles Simic, molti zero

Senza voce l’insegnante si alza davanti a una classe
di pallidi bambini dalle labbra serrate.
La lavagna alle sue spalle tanto nera quanto il cielo
che dista anni luce dalla terra.

È il silenzio che l’insegnante ama,
il gusto dell’infinito che trattiene.
Le stelle come le impronte di denti sulle matite dei bambini.
Ascoltatelo, dice felice.

**

Maurice Carême, Lumache

Ho incontrato tre lumache
che se ne andavano con la cartella sul dosso
e nel prato tre chiocciole
che ripetevano a memoria la lezione.
Poi in un campo, quattro lucertole
che scrivevano un lungo esercizio.
Dove si può trovare la loro scuola?
In mezzo all’erba selvatica?
E il loro maestro è il corvo
che vedo disegnare lassù in alto
delle belle lettere sulla lavagna?

**

Marino Moretti, Ritorno a scuola

Oh, sì! prendiamo la cartella scura,
il calamaio in forma di barchetta,
i pennini, la gomma e la cannetta,
la storia sacra e il libro di lettura…

Andiamo, andiamo! Il tema è messo in bella!
Andiamo, andiamo! Il tema è messo in buona!
Dio, com’è tardi! La campana suona…
Fra poco suonerà la campanella…
Ma che dico? È domenica, è vacanza!

Non c’è scuola, quest’oggi: solamente
c’è da imparare un po’ di storia a mente,
soli, annoiati, nella propria stanza…

**

Fabrizio Caramagna, Lettura

La prima volta che ho letto un libro
avevo sette anni.
Io gli ho dato i miei occhi
e lui mi ha dato la felicità.

**

Manuel António Pina, I libri

È questo allora un libro,
questo, come dire?, sussurro,
questo volto rivolto all’interno
di una cosa buia che ancora non esiste
che, se una mano improvvisa
innocente lo tocca,
si apre indifeso
come una bocca
che parla con la nostra voce?
È questo un libro,
questa specie di cuore (il nostro cuore)
che dice “io” tra noi e noi?

**

Marino Moretti, Compagni di banco

Oh, Poggiolini! Lo rivedo ancora
con quel suo mite sguardo di fanciulla,
e lo risento chiedermi un nonnulla
con una voce che… non so… m’accora.
Che cosa vuoi? Son pronto a darti tutto:
un pennino, un quaderno, un taccuino,
purché tu venga per un po’ vicino
al cuore che ti cerca dappertutto.
Oh non venirmi accanto come sei
ora: avvocato, chimico, tenente,
ché cercheresti invano nella mente
il mio ricordo dandomi del lei!
lo non voglio saper, fratello, come
passaron gli anni sopra la tua vita:
voglio l’occhiata timida e smarrita
che rispondeva, un giorno, al tuo cognome.
Voglio che tu mi renda per un’ora
la parte del mio cuor che tu non sai
di posseder, da tanto tempo ormai!
e noi saremo i due compagni ancora!
Noi siederemo ad uno stesso banco
riordinando i libri a quando a quando,
e rileggendo un compito, e guardando
sul tavolino un grande foglio bianco…
Il registro, a cui tutti eran diretti,
quando c’interrogavano, gli sguardi;
io lo sapevo a mente… Leonardi,
Massari, Mauri, Méngoli, Moretti…
Il registro coi voti piccolini
nelle caselle dietro i nomi grandi,
tu lo sapevi a mente… Nolli, Orlandi,
Ostiglia, Paggi, Poggi, Poggiolini…
Dio, che tristezza ricordare questi
nomi d’ignoti a cui demmo del tu!
nomi che non si scorderanno più,
perché in fila così, perché modesti!
O Poggiolini, che fai tu, che pensi?
Forse tu vivi in una tua casina
odorata di latte e di cedrina,
e sguardi e baci ai figli tuoi dispensi!
Forse la sera giuochi la partita
fino alle dieci e mezzo (anche più in là!)
con la moglie, la suocera… e chissà,
forse con Poggi o Méngoli! …La vita!
lo nulla. Quello che fu mio lo persi
strada facendo, quasi inavvertitamente;
e adesso, se ho un foglio e una matita,
faccio – indovina un po’ – faccio dei versi!

**

Gianni Rodari, Una scuola grande come il mondo

C’è una scuola grande come il mondo.
Ci insegnano maestri e professori,
avvocati, muratori,
televisori, giornali,
cartelli stradali,
il sole, i temporali, le stelle.
Ci sono lezioni facili
e lezioni difficili,
brutte, belle e così così…
Si impara a parlare, a giocare,
a dormire, a svegliarsi,
a voler bene e perfino
ad arrabbiarsi.
Ci sono esami tutti i momenti,
ma non ci sono ripetenti:
nessuno puo’ fermarsi a dieci anni,
a quindici, a venti,
e riposare un pochino.
Di imparare non si finisce mai,
e quel che non si sa
è sempre più importante
di quel che si sa già.
Questa scuola è il mondo intero
quanto è grosso:
apri gli occhi e anche tu sarai promosso!

**

Jacques Prévert, Compito in classe

Due e due quattro
quattro e quattro otto
otto e otto fanno sedici…
Ripetete! dice il maestro.
Due e due quattro
quattro e quattro otto
otto e otto fanno sedici.

Ma ecco l’uccello-lira
che passa nel cielo
il bambino lo vede
il bambino l’ascolta
il bambino lo chiama:
Salvami
gioca con me
uccello!
Allora l’uccello discende
e gioca con il bambino

Due e due quattro…
Ripetete! dice il maestro
e gioca il bambino
e l’uccello gioca con lui…
Quattro e quattro otto
otto e otto fan sedici
e sedici e sedici che fanno?
Niente fanno sedici e sedici
e soprattutto non fanno trentadue
in ogni modo
se ne vanno.

E il bambino ha nascosto l’uccello
nel suo banco
e tutti i bambini
ascoltano la sua canzone
e tutti i bambini
ascoltano la musica
e otto e otto a loro volta se ne vanno
e quattro e quattro e due e due
a loro volta abbandonano il campo
e uno e uno non fanno nè uno nè due
uno a uno egualmente se ne vanno.

E gioca l’uccello-lira
e il bambino canta
e il professore grida:
Quando finirete di fare i pagliacci!
Ma tutti gli altri bambini
ascoltano la musica
e i muri della classe
tranquillamente crollano.
E i vetri diventano sabbia
l’inchiostro ritorna acqua
i banchi ritornano alberi
il gesso ridiventa scoglio
la penna ridiventa uccello.

**

Emily Dickinson, Uno più uno

Uno più Uno – fa Uno –
Due – si finisca di usarlo –
Va bene per la scuola –
Ma per la Scelta interiore –
Vita – soltanto – O Morte –
O l’Eternità –
Di più – sarebbe troppo vasto
Per la Capacità dell’Anima –